Al via i focus del Vinitaly World Tour:
gli esperti analizzano il mercato USA
Nel ristorante Usa la wine list parla italiano: il made in Italy si conferma leader tra i vini d’importazione. Cresce il consumo di vino tra donne e giovani americani, ma sono ancora gli uomini a spendere di più per una singola bottiglia. Soprattutto se devono fare colpo su qualcuno.


Verona, 2 aprile 2009. Donna americana,
trentacinquenne, di reddito elevato (circa 75mila Usd l’anno),
cerca vino italiano, possibilmente rosso.

È questo l’identikit del
consumatore medio di vino negli Usa, secondo i dati elaborati dal
Centro Studi Vinitaly di VeronaFiere che verranno presentati giovedì
2 aprile, alle ore 15,30, presso la Sala Stampa – Expo, nel Focus
“USA – La nuova frontiera e le opportunità per le aziende
italiane sul mercato americano”.

Un mercato che ha visto crescere il
consumo di vino nell’ultimo decennio del 30% e che si prepara ad
essere, entro il 2012, la piazza enologica più grande nel
mondo, superando la Francia per quantità di volumi trattati
(fonte Iwsr – International Wine Spirits Record).

Anche in tempi di crisi, infatti, il
vino negli Stati Uniti non mostra segni di recessione, confermandosi
come grande opportunità per l’export italiano. Nel 2008 il
mercato Usa ha chiuso in modo stabile, attestandosi attorno ai 3,6
miliardi di bottiglie consumate, in linea con i risultati dell’anno
precedente. Una performance che gli operatori giudicano con
soddisfazione, considerando la generale contrazione dei consumi che
ha caratterizzato gli altri comparti. Anzi, un recente sondaggio
svolto sui ristoranti americani dalla rivista Wine & Spirits ha
mostrato come oltre il 60% dei gestori intervistati non ha rilevato
nessun calo nelle vendite, registrando in alcuni casi perfino un
leggero incremento. A cambiare sono piuttosto le modalità di
consumo: a fronte dello stesso numero di bottiglie consumate, la
scelta si è indirizzata verso prodotti meno costosi, spesso
nazionali e con un migliore rapporto qualità-prezzo. Un
contesto nel quale l’Italia è stata capace di mantenere la
sua posizione, confermandosi come scelta preferita tra i vini
importati nella ristorazione americana. Non a caso quella italiana è
la prima cucina etnica per diffusione negli Stati Uniti, mentre i
vini italiani sono considerati “food friendly”, capaci di
abbinarsi a pietanze di diverse tradizioni. Gli Usa continuano a
rappresentare il primo mercato per le esportazioni di vino italiano,
nonostante una leggera contrazione in termini di quantità
(-6,5%), inferiore comunque ai cali registrati da altri paesi (ad
esempio la Francia, – 12% sul 2007).

A dominare nelle scelte dei consumatori
è ancora il vino rosso, che negli Usa rappresenta circa 44%
del mercato e che, secondo gli operatori, conserva margini di
crescita attorno al 18%. Buone le prestazioni dei rosati, che godono
di una certa popolarità (circa il 17% delle vendite) e per i
quali si prevede, in termini di valore, un incremento del 10% nei
prossimi 5 anni. Previsioni più stabili per il vino bianco,
che copre il rimanente 39% del mercato a stelle e strisce.

Nei cinque anni a partire dal 2003, il
consumo di vino pro capite è aumentato da 11,1 litri a 12,1
litri, mentre nel 2012 sarà di 13,1 litri. Gli americani che
consumano vino sono adesso il 57% contro il 43% del 2000, mentre
quelli che lo bevono regolarmente (almeno una volta la settimana)
sono arrivati al 55%. Questi core drinker hanno dunque superato per
numero i marginal drinker (quelli che stappano una bottiglia meno di
una volta a settimana ma più di una volta ogni tre mesi),
dimostrando come gli americani abbiano ormai accolto stabilmente il
“nettare degli dei” nelle loro abitudini alimentari. Un aumento
sostenuto soprattutto dai giovani: nella generazione dei “Baby
Boomers”, il trend del vino è diffuso solo dai 40 anni in
su, mentre tra le ultime generazioni (Xers e Millenium) si comincia a
consumare vino anche durante i 20 e 30 anni. Oggi negli Usa l’età
media di un consumatore di vino è di circa 35 anni. 

Le donne, spesso con redditi alti,
acquistano più bottiglie degli uomini e rappresentano il 65%
del mercato, scegliendo il vino anche come alternativa più
sofisticata rispetto ai soliti cocktail, superalcolici o birra. Sono
però gli uomini i più disposti a spendere, attestandosi
su una spesa media di 23 Usd a bottiglia contro i 15 Usd delle donne.
Il motivo? A volte si tratta solo di far colpo su qualcuno, a
dimostrazione che, a dispetto della sua diffusione crescente, il vino
di qualità mantiene le sue caratteristiche di status symbol.

È guardando a queste prospettive
che l’Italia del vino, nel prossimo ottobre, volerà negli
Stati Uniti per il Vinitaly US Tour 2009 – Salone dei vini italiani
di qualità, che toccherà le più importanti
piazze per l’interscambio delle merci del settore agroalimentare.
La formula è quella, ampiamente sperimentata, dei seminari
seguiti da workshop commerciale. Si comincia il 19 ottobre con San
Francisco, città all’avanguardia nelle nuove tendenze e
particolarmente ricettiva per quanto riguarda il grande consumo (non
a caso la California è il primo stato americano consumatore di
vino). Il 21 toccherà a Chicago, una delle dieci città
più influenti al mondo e tra i maggiori centri
fieristico/espositivi del globo.
Chiusura il 22 ottobre a Houston.

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